PIR

Strumenti di investimento, di medio e lungo periodo, concepiti per i piccoli investitori che danno diritto ad un trattamento fiscale agevolato se vengono soddisfatte determinate condizioni.

INTRODUZIONE

Uno dei fenomeni più discussi nel mondo finanziario negli ultimi anni sono i PIR; i dati presentati da Assogestioni all'ultimo Salone nel Risparmio affermano che dagli 800.000 investitori che hanno sottoscritto PIR, più della metà sono alla prima esperienza con fondi comuni. Tali numeri dimostrano come questo strumento abbia guadagnato un consenso generale; l'investitore attento, però, prenderà in considerazione il fatto che, a fronte dell'incentivo fiscale, esistono diversi fattori di rischio che condizionano l'investimento. Il presente documento dà una visione generale dei PIR, il contesto attuale in cui operano, le nuove riforme in cui sono coinvolte e cosa ci si aspetta in futuro da questi piani.

Uno sguardo ai PIR

I Piani Individuali Risparmio, conosciuti con l’acronimo PIR, sono piani dedicati ai piccoli investitori, che sotto determinate condizioni, garantiscono l’esenzione fiscale. I PIR vengono introdotti con la legge di bilancio del 2017 con l’obiettivo di veicolare i risparmi e aumentare gli investimenti verso le imprese italiane, in particolare piccole e medie imprese, proponendo al singolo investitore un programma che, se rispettato, garantisce l’assenza di tassazioni. Un PIR è un contenitore giuridico che può assumere diverse forme: fondo comune di investimento, gestione patrimoniale, polizza assicurativa o deposito titoli (in quest’ultimo caso si tratta di una gestione autonoma della persona fisica).

VINCOLI E BENEFICI

Vincoli di investimento e benefici fiscali (normativa 2017)

I PIR devono rispettare determinati vincoli di investimento al fine di poter usufruire dell’esenzione fiscale. La proposta normativa impone alcuni vincoli inerenti sia alla composizione del patrimonio del PIR sia al periodo di detenzione degli strumenti finanziari detenuti dal piano stesso. Per quanto riguarda la composizione del patrimonio del PIR sono previsti investimenti vincolati e limiti alla concentrazione. In particolare, gli investimenti del piano devono essere:

  • Costituiti almeno per il 70% da strumenti finanziari emessi da società italiane ed estere (UE e SEE) con stabile organizzazione in Italia. Di questo 70% almeno il 30% di questa quota (il 21% del totale) deve essere investita in strumenti emessi da aziende che non sono quotate nell’indice Ftse Mib di Borsa Italiana;
  • Il restante 30% può essere investito in qualsiasi strumento finanziario.

  • Questi vincoli hanno l’obiettivo di canalizzare il risparmio delle famiglie verso investimenti produttivi e, in particolare, verso imprese per le quali è maggiore il fabbisogno finanziario e che hanno maggiori difficoltà a reperire risorse tramite il canale bancario la crescita e lo sviluppo delle stesse. Per quanto riguarda i limiti alla concentrazione:
  • L’ammontare dell’investimento in PIR non può essere investito per una quota superiore al 10% del suo valore complessivo in strumenti finanziari emessi o stipulati con lo stesso emittente o con altra società appartenente al medesimo gruppo;

  • Tale vincolo serve a garantire l’adeguata diversificazione del portafoglio al risparmiatore. Un ulteriore vincolo riguarda la durata della detenzione degli strumenti finanziari pari a 5 anni. Tale vincolo impedisce che gli impieghi nel piano vengano effettuati con finalità speculative e garantisce alle imprese destinatarie di poter contare sui capitali ricevuti per un periodo di tempo medio/lungo. Infine, la soglia minima di investimento in un PIR è di 500 euro, quella massima di 30.000 euro annui . Chi investe in un PIR gode di sostanziali vantaggi fiscali. Solo se l’investimento viene mantenuto più di 5 anni, infatti, l’investitore non deve pagare l’imposta del 26% sul capitale ottenuto. Questo significa che, ad esempio, su un investimento di 150.000 euro, ipotizzando un rendimento medio del 6% all’anno si possono ottenere fino a 23.000 euro di guadagno in più; in generale, per ogni 1000 euro di rendimento si possono risparmiare fino a 260 euro di tasse.

    RISCHI E VANTAGGI

    Rischi e vantaggi di un investimento in un PIR

    Il vantaggio principale di un PIR è sicuramente, nel caso in cui l’investimento sia mantenuto per 5 anni, quello dell’esenzione fiscale. Chiaramente, tale beneficio, si avrà solo nel caso in cui il titolo guadagni; questo rende i PIR poco liquidi nel breve periodo. Uno dei rischi principali di un PIR è costituito dagli elevati costi di gestione: nessun guadagno, infatti, è tale se superiore ai costi di gestione. A questo proposito esistono elevati costi di gestione per i PIR che non possono essere ignorati prima dell’investimento e che variano tra 1,20% e oltre il 2% del capitale investito.
    La limitazione delle imprese riguardo i comparti su cui investire, oltre ad essere un vincolo, inoltre, risulta essere un rischio, in quanto l’investitore è costretto a mantenere almeno il 70% del capitale investito in imprese italiane. È possibile afferma che i PIR sono dei piani che il governo ha creato per cercare di accontentare tutti: le SGR che immagazzinano commissioni importanti, le aziende che vedranno arrivare capitali grazie all’investitore che accetta i vincoli del PIR, e l’investitore stesso che vedrà benefici a livello economico solo se l’ammontare ottenuto nel lungo periodo supererà i costi di gestione; in particolare bisogna tener conto che per rendimento sotto il 5% annuo non c’è possibilità di guadagno.

    DELIBERE

    Pre-riforma 2019

    Tutto sommato gli investitori hanno manifestato in questi anni un certo interesse verso questa forma di risparmio e in effetti, già dal 2017, anno di lancio dei PIR, il fenomeno si è sviluppato dando ottimi segnali al mercato.
    Considerando nuovi fondi PIR-conformi e la conversione di fondi pre-esistenti in fondi PIR-conformi, la raccolta cumulata è stata di circa €15,8 miliardi.
    Nel 2018 la raccolta cumulata è arrivata sino a €17,4 miliardi. Sebbene la raccolta cumulata sia cresciuta, non si può dire la stessa cosa dei rendimenti che hanno sofferto il rialzo dello spread, confermando il timore del “rischio Italia” di molti addetti ai lavori. Solo il 20% dei fondi ha avuto performance positive con una media di guadagno del +1,28% mentre complessivamente il mercato dei fondi PIR-conformi ha portato a perdite medie pari al -1,02%. Bisogna tenere in considerazione che la media dei soli costi di gestione è stata pari a 1,71% e quindi le SGR si sono “mangiate” gran parte dell’esenzione fiscale destinata ai privati. Mediamente, i costi di gestione di un fondo tradizionale si aggirano al di sotto dell’1,1%.
    Tuttavia, nel 2018 si è riscontrata una maggiore concorrenza dei costi tra SGR. A questo proposito, i fondi ETF si sono rivelati una buona opportunità per gli investitori.

    Maggio 2019: Il decreto attuativo per i nuovi PIR

    La manovra di bilancio dello scorso maggio 2019 ha introdotto alcune novità per i PIR che sono stati stipulati a partire dal primo gennaio 2019; si tratta di alcuni vincoli aggiunti all’investimento. A differenza dei vecchi PIR, i nuovi devono:

  • Investire in fondi italiani di Venture Capital almeno il 3,5% del patrimonio
  • Investire in azioni di PMI quotate nel segmento AIM di Borsa Italiana almeno il 3,5%

  • Le PMI, in particolare, sono piccole e medie imprese che, per rientrare in questa categoria, devono rispettare dei limiti occupazionali e finanziari, stabiliti dall’Unione Europea, presenti nella tabella riportata qui sotto.

    Tabella requisiti PMI

    TipoOccupatiFatturato (in mln Euro)Totale bilancio (in mln Euro)
    Media Impresa < 250 ≤ 50 ≤ 43
    Piccola Impresa < 50 ≤ 10 ≤ 10
    Micro Impresa < 10 ≤ 2 ≤ 2

    https://www.soldionline.it/guide/prodotti-finanziari/piani-individuali-di-risparmio-pir

    Gli svantaggi della nuova riforma e lo stato attuale

    Secondo alcuni studiosi le novità del 2019 sono destinate a far affossare definitivamente il comparto.
    Si ritiene che i nuovi vincoli aggiunti rendano difficile la composizione di un portafoglio performante per gli investitori in termini di vantaggi fiscali.
    Nel corso del secondo trimestre, i fondi PIR, hanno registrato una raccolta netta negativa per 348,3 milioni, rispetto ai -2,2 milioni del primo trimestre del 2019 e le masse totali sono passate da 18,8 a 18,5 miliardi; l’Osservatorio de Il Sole24Ore-Plus a luglio e ad agosto indica uscite pari rispettivamente a -151 milioni e -46 milioni, e una raccolta netta da inizio anno a -546 milioni.
    Le modifiche apportate alla normativa stanno, quindi, diminuendo drasticamente l’attrattività dello strumento. Avendo registrato deflussi durante questo anno con l’entrata in vigore dei nuovi vincoli, il presidente di Assogestione ha auspicato un ritorno alla vecchia normativa e, inoltre, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha dichiarato che si potrebbe rimettere mano alla normativa introdotta dalla legge di bilancio 2019. In attesa di capire se si deciderà di tornare alle vecchie regole sono sempre di più il numero di investitori che puntano il dito contro questi nuovi piani.
    Il ripristino della vecchia norma sui PIR, che aveva avuto successo nel convogliare il risparmio verso le imprese italiane, sicuramente gioverebbe gran parte degli investitori.

    CONCLUSIONI

    Per concludere, riprendendo le parole del presidente di Assogetioni Corcos, “Questi prodotti hanno avuto il grande pregio di avvicinare il pubblico retail al mercato dei capitali, l’imprenditore alla Borsa, di immettere liquidità e di aver favorito le IPO. Hanno dato vivacità a un mercato che infatti adesso è fermo.”, sebbene le modifiche del 2019 abbiano fortemente rallentato la crescita del fenomeno, nel 2020 rimane la speranza per molti retail che si torni alla regolamentazione precedente per rivedere i pregi menzionati da Corcos.
    L’obiettivo per il futuro è quello di tornare alla versione precedente modificando la normativa in vigore dallo scorso gennaio. Non resta che attendere la legge di Bilancio 2020 per capire se i PIR possono avere un’altra opportunità al fine di dimostrare la loro utilità all’interno del mercato dei capitali.